
Didattica di eccellenza, il commento di Fabio Freno
Un report di EQUITA SIM1ha evidenziato il rallentamento dei PIR nel secondo trimestre dell’anno 2019, secondo i dati ufficiali di Assogestioni2nel secondo quarto del 2019 i fondi PIR hanno registrato una raccolta netta negativa pari a -348,3 milioni di euro, in calo rispetto al primo trimestre dell’anno del-2,2 milioni. Il Sole 24 Ore, a sua volta, afferma che nei mesi di luglio ed agosto 2019 i deflussi sono proseguiti, rispettivamente a -151 milioni e -46 milioni, portando ad una raccolta netta di -546 milioni da inizio anno.
I PIR, “Piani Individuali di Risparmio”, sono stati introdotti dalla legge di bilancio 2017, creati come forma d’investimento a medio termine, capace di veicolare i risparmi verso le imprese italiane, in particolare verso le piccole e medie imprese, dove viene garantita l’assenza di tassazioni ai risparmiatori se mantenuti per 5 anni e se soddisfatte adeguatamente altre condizioni.
I Piani Individuali di Risparmio vengono investiti tramite diversi strumenti finanziari come: azioni, obbligazioni, quote di fondi d’investimento e anche conti correnti bancari, vi è “un vincolo di diversificazione” che prevede che il 70% di quanto investito debba essere destinato a strumenti finanziari emessi da imprese italiane (o anche europee ma con stabile organizzazione in Italia) ed il restante 30% può essere destinato ad altri strumenti finanziari, compresi conti correnti o conti deposito.
Le performance ad inizio del 2019 sono state del 16% in media, un risultato che in seguito alle modifiche delle normative sui fondi PIR introdotte a partire dall’8 maggio 2019, con vincoli più stringenti sulla composizione del portafoglio, dove secondo la normativa lo scopo era quello di far fluire maggiori risorse verso Startup e Piccole e medie imprese, non ha visto beneficiare nuovi investitori.
Secondo da quanto scritto da Luigi de Billis, co-responsabile dell’ufficio Studi Equita: “Continuiamo a ritenere che i PIR nella loro versione originale siano degli strumenti eccellenti ed efficaci che avevano raggiunto i seguenti obiettivi”:
∙ Convogliare risparmi degli italiani verso investimenti in aziende domestiche;
∙ Raccogliere maggiori risorse finanziarie per le imprese diverse dai gruppi “grandi”; ∙ Diffondere un “feeling” positivo tra gli imprenditori italiani sulla possibilità di accedere al mercato dei capitali, anche per le piccole e medie imprese;
∙ Attrarre più attenzione e liquidità degli investitori verso le piccole e medie imprese”.
Inoltre secondo Equita, l’approvazione degli ELTIF (European Long Term Investment Fund), ossia fondi illiquidi destinati a supportare le PMI contenuti nel Decreto crescita, garantiranno un esenzione dell’imposta del 26% sui guadagni in conto capitale.
Vi sono inoltre nuove normative per i PIR, che introduce i PIR ALTERNATIVI introdotti da Gennaio 2020, cambiando così la normativa dell’anno precedente. Vi è l’obbligo di investire il 5% del 70% del valore complessivo in strumenti finanziari di imprese diverse da quelle inserite nei panieri FTSEMib e FTSEMid Cap. In più vi è un ritorno al passato che elimina l’imposizione di investire il 3,5% del patrimonio anche in
quote o azioni di fondi di venture capital. Per di più è stata introdotta la concessione alle Casse Previdenziali e ai fondi di investimento di detenere più di un PIR nel limite del 10% del patrimonio.
Una distinzione da fare è quella fra PIR Tradizionali ed PIR Alternativi:
∙ Entrambi hanno gli stessi vantaggi fiscali sulla detassazione degli utili;
∙ La loro composizione come da nuova legge a differenza dei PIR tradizionali, dove nel 70% investito almeno il 25% deve essere investito su aziende inserite nei panieri FTSE Mib o equivalenti, nei PIR Alternativi Il 5% del 70% invece va investito in strumenti di imprese diverse da quelle del FTSEMib e FTSEMid Cap.
∙ Altra differenza riguarda il limite di concentrazione degli investimenti per gli strumenti emessi dalla stessa impresa o dallo stesso gruppo: per i PIR tradizionali è stata fissata al 10%, per i PIR alternativi si sale al 20%
∙ Cambia anche la somma di investimento dove con i PIR tradizionali vi si possono investire 30mila euro l’anno per un totale di 150mila in 5 anni, invece nei PIR alternativi si possono investire 150mila euro l’anno e fino a 1,5milioni di euro in totale.
∙ Il PIR alternativi implicano per forza di cose nuovi target di investitori, con patrimoni più consistenti denominata “affluent”, in precedenza invece con i PIR tradizionali si rivolgeva ad una clientela Retail.
I PIR alternativi, come strumenti complementari ad i PIR tradizionali, hanno avuto una forte crescita nel 2020 andando a sostenere l’economia reale dirigendo gli investimenti verso le piccole imprese al momento più in difficoltà a causa della pandemia di Civid-19. Secondo Assogestioni nel primo trimestre del 2020 i fondi PIR hanno registrato una raccolta netta pari a -234milioni, rispetto ai -380 registrati nel primo semestre 2019.
A tal proposito Equita afferma che: “La debolezza della raccolta sui PIR nel primo trimestre dell’anno è stata legata alla crisi Covid19 con calo dei mercati e aumento della volatilità, che ha portato i risparmiatori a disinvestire dai mercati. Inoltre l’attività commerciale e di marketing dei nuovi PIR era ripartita da metà febbraio, poi il contesto sui mercati è diventato più complicato.”
Inoltre, Equita crede che nel secondo trimestre 2020 le reti torneranno ad intensificare nuovamente gli sforzi commerciali sui prodotti PIR, con una raccolta di 2-3 miliardi di euro l’anno per i PIR alternativi, fino a raggiungere 10-15bilioni di AUM in 5 anni.
Analizzando i dati raccolti, i PIR sono degli strumenti utili e ben agevolati, l’incentivo fiscale non va considerato un regalo da parte del legislatore, ma bensì serve a remunerare il rischio. Una delle possibili cause per cui non si potrebbero scegliere i PIR come investimento è la mancata possibilità di diversificazione geografica dei risparmi, inoltre l’incentivo sull’aliquota del 26% si ha solo se l’investimento si protrae nei 5 anni come da normativa, infatti se si ritira l’investimento prima del periodo bisognerà pagare l’aliquota del 26% sulle plusvalenze. I PIR essendo strumenti molto complessi andrebbero gestiti da professionisti, quindi una persona fisica potrebbe non capire bene i rischi di questi tipi d’investimento.
Al contrario invece i PIR alternativi sono destinati ad un target di clientela con elevate disponibilità finanziarie che deve essere in grado di sostenere un margine di rischio alto e di rispettare i tempi lunghi propri di un investimento illiquido, in quanto si prestano ad essere utilizzati tramite mezzi di investimento come gli ELTIF, quindi per questi soggetti potrebbe convenire maggiormente perché potrebbero non ritirare l’investimento
prima dei 5 anni e quindi beneficiare degli incentivi in modo più agevole rispetto ad una persona fisica.