
Sabato 09 Mag, 2015
Gli ultimi degli ultimi e le periferie degradate: quando miseria e illegalità sono la regola
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La cinta di un accappattoio è diventata l’arma utilizzata da Giovanni Iazzetta per lasciarsi portar via la vita. Il 51enne detenuto per rapina nel carcere napoletano di Poggioreale non ha retto al rifiuto dei suoi familiari di ospitarlo in casa dopo che il giudice aveva concesso gli arresti domiciliari.
L’ennesimo dramma che si abbatte su chi ha avuto la sfortuna di nascere nelle periferie degradate delle grandi metropoli, dove il vivere la normalità è un’utopia, dove la miseria e l’illegalità sono la regola, dove l’alcool e la droga appongono il sigillo ad una quotidianità fatta di ostentata sopraffazione e di intima rassegnazione. Qui – dove lo Stato praticamente non esiste - vivono gli ultimi degli ultimi.
Il loro futuro è segnato fin dalla culla; l’espediente e il crimine rappresentano le cattive prassi di una difficile sopravvivenza. La galera – nella migliore delle ipotesi – si pone come un crocevia obbligato. Ma quando dietro ad un simile rifiuto emerge l’inesistenza di qualsiasi legame affettivo, quando anche la minima possibilità di reintegro viene respinta dallo stesso nucleo di appartenenza, la rieducazione del condannato diventa un optional e la disperazione lascia spazio al gesto estremo.
Gli ultimi degli ultimi sono i dimenticati dalla società, le vittime di una diffusa ipocrisia, la rappresentazione plastica del fallimento di una sostenibile convivenza civile.