Venerdì 21 Nov, 2014
L'editoriale del direttore Elio Pariota: Digitale, che passione!
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Pollice verso a chi si ostina a dipingere noi italiani come refrattari al cambiamento imposto dalla rivoluzione digitale. O meglio: resistenze possono esserci in coloro che le nuove tecnologie hanno imparato ad utilizzarle, ma per i giovani tra i 18 e i 30 anni è tutto diverso.
Essi amano il digitale. Un’indagine targata Vodafone Institute, condotta su 6000 giovani di 6 Paesi Ue, ha tirato fuori un dato inequivocabile: insieme alla Spagna siamo il popolo più incline ad iniziare una carriera nel digitale e nelle telecomunicazioni (80% del campione), mentre francesi e inglesi battono la fiacca (dal 18 al 24 per cento).
Animo, dunque. In una stagione di riforme annunciate (e non ancora attuate) abbiamo almeno la certezza che le abilità digitali siano considerate dai giovani come requisito indispensabile nel mondo del lavoro.
E’ attorno a questa straordinaria presa di coscienza che la politica deve lavorare. Quando diciamo che l’Italia è un Paese anagraficamente datato fotografiamo la realtà.
Ma quando semplicisticamente bolliamo i nostri giovani come incapaci di vedere il futuro con altri occhi perché attratti dall’utopia del posto fisso, commettiamo un grossolano errore.
Le nuove generazioni hanno da tempo compreso come si vive in un mondo mobile e liquido; hanno ben chiaro che l’identità culturale si rafforza attraverso robuste e continue iniezioni di formazione in ambienti tecnologici dedicati; hanno capito che il digitale è la chiave per affermarsi nel mercato del lavoro.