
Sabato 16 Gen, 2016
Slogan da recuperare
3632
1
Mezza Europa scese in piazza scandendo con commozione e convinzione lo slogan “Je suis Charlie”. Quello slogan era la risposta compatta e decisa - all’indomani dei tragici fatti del 7 gennaio 2015 – alla brutale aggressione terroristica di matrice islamica nei confronti di un piccolo e poco conosciuto (fino ad allora) settimanale. Quello slogan ricordava a tutti noi che la mobilitazione per la difesa delle libertà è il miglior antidoto alla paura e il presidio ineludibile dei valori autenticamente democratici. Quello slogan gridato forte nelle strade ricacciava indietro ogni tentativo di riportare la nostra civiltà ad un nuovo oscurantismo. Stavolta, però, Charlie Hebdo ha “toppato”. La vignetta satirica che allude ai fatti di Colonia , richiamando la triste fine del bimbo migrante extracomunitario ritrovato morto sulla spiaggia turca di Bodrum, va ben oltre il seminato. Per il settimanale “cosa sarebbe diventato Aylan da grande? Un palpatore di sederi”. Non ci siamo. Qui non è in discussione la libertà di poter dissacrare ogni cosa, utilizzando anche le potenti e affilate armi della scrittura e del disegno. E non si tratta neppure di rimarcare che si è liberi sino a quando non si lede l’altrui libertà. No, qui è da rilevare l’assurdo scivolone etico nel quale sono incappati i responsabili del settimanale. Per riparare al quale occorrerebbe un intelligente dietrofront. Perché lo spirito di “Je suis Charlie” va recuperato in toto. E in gran fretta.