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Giustizia ad orologeria
Sabato 03 Nov, 2018

Giustizia ad orologeria

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Edmund Zagorski, 63enne condannato a morte in Tennessee per duplice omicidio, ha scelto di morire sulla sedia elettrica anziché con l’iniezione letale. Per i suoi avvocati sarebbe stata altrimenti una fine troppo dolorosa, un orrore assoluto. E così “giustizia” è stata fatta. Il boia ha spedito a miglior vita un assassino ben 35 anni dopo aver commesso il reato. Proprio così, dal lontano 1983 quando Zagorski fece fuori due uomini per derubarli. Qui non si tratta di entrare nel merito dell’atavica querelle tra favorevoli e contrari alla pena capitale. E neppure di disquisire sulle modalità teoriche e pratiche con le quali uno Stato di diritto dovrebbe esercitare la propria funzione rieducativa del condannato. No, la considerazione è molto più modesta e banale: qual è la logica di protrarre l’esecuzione per decenni? Se si è assassini si applichino immediatamente le pene previste; se non lo si è, si liberino immediatamente i sospettati. 35 anni sono una vita. Una giustizia ad orologeria è più inspiegabile e crudele del male che si era prefissa di estirpare.

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