
Il mio Erasmus in una parola: serendipity
a cura di Antoniana Michaela Danese, studentessa di Scienze Turistiche, che ha svolto una mobilità Erasmus per studio in Spagna, presso l'Università Politécnica di Cartagena, da febbraio a luglio 2021.
Il termine serendipity indica l’occasione di fare felici scoperte per puro caso e, anche, il trovare una cosa non cercata ed imprevista mentre se ne cercava un’altra. E questa è la perfetta descrizione del mio Erasmus.L’idea di parteciparvi è comparsa nella mia mente casualmente, curiosando sul sito dell’università. Più o meno ero già a conoscenza di cosa fosse il progetto Erasmus, grazie ad alcune amiche e a mio cugino. Perciò, parlandone anche in famiglia, ho pensato che per me e la mia formazione sarebbe stata un’ottima opportunità. L’unico problema era il Coronavirus, che era appena scoppiato.
Però mi sono detta che comunque avrei partecipato al bando e, qualora fossi risultata assegnataria della borsa di studio, nel caso in cui qualcosa fosse andato storto, mi sarei ritirata.Meglio questo che rinunciare a priori ed avere rimpianti in futuro. Una delle motivazioni che mi ha spinta a partecipare al bando, è stato il fatto che avrei avuto la possibilità di frequentare per la prima volta un’università fisica, anche se in fin dei conti, a causa del Covid, in facoltà ci sono stata soltanto quattro volte nell’arco di cinque mesi!
Risultata idonea per ricevere la borsa di studio, mi hanno comunicato che l’università ospitante sarebbe stata la mia prima scelta: l’Universidad Politecnica di Cartagena, in Spagna. Dopo mille dubbi, mail e telefonate con l’ufficio Erasmus dell’università, alla fine sono partita per svolgere il secondo semestre a Cartagena. Ho vissuto in Spagna da febbraio a luglio 2021. Prima di allora, non ci ero mai stata. E mai ho studiato lo spagnolo.
Inizialmente nel Learning Agreement avevamo concordato quattro corsi che avrei seguito in lingua inglese. Tuttavia, una volta arrivata ed iniziate le lezioni, mi sono resa conto che gli argomenti trattati non erano completamente in linea con i miei interessi. Rileggendo il piano di studi offerto dall’UPCT, ho pensato che avrei potuto cambiare i miei corsi, con altri corsi che combaciassero maggiormente con i miei interessi. L’unico problema era che gli unici corsi che mi interessavano e che non si sovrapponevano nell’orario, erano in lingua spagnola. Decisi che non sarebbe stato un problema per me e, motivata dalla voglia di imparare lo spagnolo, confidando in uno pseudo A2 naturale da italiana in Spagna e nella mia veloce capacità di apprendimento, cambiai i miei corsi.
Non ho mai rimpianto questa scelta. Il mio appartamento a Cartagena era in zona stazione, a circa 10 minuti a piedi dal centro. Avevotre coinquiline più o meno della mia età: una tedesca con origini turche, un’inglese ed una marocchina, che però non era Erasmus. Nonostante sia scout dall’età di 10 anni e che quindi sappia come cavarmela da sola, questa è stata per me la prima esperienza di vita completamente autonoma ed indipendente fuori dal tetto dei miei genitori. Con Sira (la tedesca) e Laura (l’inglese), si è instaurato sin da subito un bel rapporto di complicità.
All’inizio ambientarsi è stato difficile. Non conoscevo nessuno e non sapevo come poter fare amicizia, visto che la facoltà era chiusa. Per la prima settimana girai un po’ nei dintorni del mio appartamento sola. Finalmente Sira arrivò, però doveva studiare per degli esami da svolgere online per la sua università in Germania. Quando Sira finì i suoi esami, dopo circa un’altra settimana, iniziammo ad uscire ed incontrare qualche altro Erasmus. Poiché c’era il coprifuoco alle 22, spesso ci riunivamo a casa di qualcuno per bere qualcosa e scambiare due chiacchiere. Tanti ragazzi provenienti da nazioni diverse, apparentemente così diversi, ma accomunati da qualcosa:la voglia di conoscere. Che si venisse dall’Italia, dalla Francia, dalla Germania, dalla Turchia, dalla Grecia, dal Portogallo, dall’Algeria, dalla Croazia, dalla Repubblica Ceca, dall’Inghilterra o dall’Argentina, si aveva sempre qualcosa di cui parlare. In lingua inglese principalmente, ogni tanto anche in spagnolo. La chiave di tutto era il confronto: modi di dire, cibi, tradizioni…
Molto spesso è capitato che Sira abbia cucinato per noi. Ricordo con piacere un pomeriggio in cui la aiutai a cucinare i manti, un piatto tipico turco paragonabile ai nostri tortellini. Si tratta di pasta ripiena di carne speziata condita con yogurt ed una particolare salsa fatta di pomodoro concentrato. Molto particolari e differenti dai sapori a cui sono abituata, ma buonissimi!
Allo stesso modo, io ho cucinato per loro ogni tanto. Ovviamente pasta! Tra una lezione e l’altra, tra un trabajo e l’altro, abbiamo scoperto Cartagena. In un modo quasi naturale abbiamo scelto i nostri luoghi preferiti in cui incontrarci in base anche alle cose da fare.Ad esempio, se volevamo fare un ottimo brunch poco costoso, andavamo in quello che noi chiamavamo The Avocado Place. Qui mangiavamo sempre pane tostato con pomodoro, formaggio, avocado e jamon accompagnato da spremuta di arancia fresca. Ormai non eravamo più un unico gruppone, ma si erano creati gruppetti più piccoli in base ad interessi in comune.
Pian piano il coprifuoco veniva spostato sempre più tardi, fino a che non fu definitivamente abolito. Ricordo che quella notte festeggiammo e ballammo al porto! E di lì nacque una vera e propria tradizione. Infatti, quando si usciva, il giro era sempre lo stesso: ci si incontrava al bar Destino, per poi continuare nel bar Cigueña ed infine ci si radunava al porto per chiacchierare, conoscere altre persone e ballare.
La ESN (Erasmus Student Network, associazione studentesca universitaria) di Cartagena è molto attiva. Avevano preparato per noi una marea di bellissime attività. Quelle che ricordo con più piacere sono il Bar Race (al quale mi sono classificata terza), il ballo di fine anno e la lezione di surf. Tra l’altro i volontari sono sempre stati super disponibili per aiutarci anche in caso di problemi personali esterni alla vita universitaria.
Come ho già accennato, l’università in sé e per sé l’ho vissuta poco e niente, purtroppo. Tuttavia posso dire che i miei professori, anche tramite webcam, sono sempre stati disponibili e comprensivi sia con me che con tutti gli altri Erasmus. Hanno capito fin da subito le nostre difficoltà con la lingua e non si sono mai fatti ripetere per due volte una richiesta di chiarimenti od ulteriori spiegazioni. Anzi, se necessario, si fermavano e ci parlavano in inglese, anche se magari il loro corso fosse in spagnolo.
Fin da subito ho notato il differente metodo universitario che vige in Spagna. E’ utilizzato il metodo della valutazione continua, cioè gli studenti sono tenuti a svolgere dei lavori (trabajos) per tutta la durata del semestre e a rispettare delle scadenze. Poi, dopo aver fatto il primo esame parziale e l’esame finale, il professore fa la media dei risultati ottenuti per assegnare il voto relativo al corso.Se dovessi decidere quale dei due metodi preferisco tra quello italiano e quello spagnolo, non saprei quale scegliere. Ciò che c’è di positivo nel metodo italiano è che gli studenti si sentono apparentemente più liberi durante i semestri, per poi concentrarsi durante la sessione. Col metodo spagnolo, invece, non si ha mai una reale pausa, però i trabajos rendono i corsi più attivi e dinamici.
Dopo cinque mesi, posso soltanto dire che le parole non sono abbastanza per descrivere ciò che l’Erasmus offre. Ti cambia la vita e neanche te ne rendi conto. Solo una volta tornato a casa, capisci quello che hai imparato da tutti quegli altri ragazzi incontrati casualmente. Questa esperienza ha consolidato le idee che avevo prima di partire riguardanti il mio futuro: voglio gestire una casa vacanze con home restaurant in collaborazione con la mia famiglia ed organizzare delle attività speciali per turisti provenienti da tutto il mondo. E poi, viaggiare il più possibile, per potermi sempre confrontare con gente proveniente da realtà diverse dalla mia ed apprendere più cose possibile da loro.Consiglierei a chiunque ne avesse la possibilità, di sfruttare questa occasione. Ed io in primis la rivivrei altre cento volte.